|
|
Il
Teatro dell’Oppresso |
è un metodo teatrale
creato negli anni ’60 da Augusto Boal, direttore
e regista del Teatro Arena di San Paolo di Brasile.
Sviluppatosi in America latina si è poi diffuso
in Europa e nel mondo.Il metodo usa il teatro come linguaggio,
come mezzo di conoscenza e trasformazione della realtà
interiore, relazionale e sociale. |
|
|
|
Il Fondatore
|
Augusto Boal
diventa direttore del Teatro Arena di San Paolo nel
1956 e vi introduce il metodo Stanislavskij per la
formazione dell’attore.
Inizia poi un periodo di ricerca di un teatro rivolto
al “popolo” e rappresenta sia pezzi “classici”
che opere scritte da lui, introducendo progressivamente
il ruolo del jolly, nel tentativo di rompere la proprietà
privata del personaggio da parte dell’attore.
Al Teatro Arena si muovevano dei gruppi teatrali,
i “Nucleos” che svolgevano esperienze
teatrali al di fuori dell’edificio teatrale
stesso; gli spettacoli di questi gruppi si rivolgevano,
e per contenuti e per forme, verso problematiche popolari,
recitando nelle strade, nei camion, nei circhi, reinventando
tecniche giullaresche come il Teatro.giornale. il
Teatro-Mito etc…
Il colpo di Stato del 1964 e poi del 1968 distrugge
i Centri di Cultura Popolare avviati da Paulo Freire
e le organizzazioni politiche e sindacali sospettate
di essere sovversive.
Anche l’attività teatrale fu ostacolata
e dopo il ’68 non fu più possibile fare
attività teatrale al di fuori dalle Istituzioni
pubbliche; I “Nucleos” però continuano
a sviluppare le proprie tecniche, parallelamente alle
attività ufficiali del Teatro Arena.
Nel 1971 Boal è incarcerato e i “Nucleos”
si disperdono; torturato e rilasciato dopo alcuni
mesi, espatria in Argentina, dove resterà fino
al 1974.
In questi anni lavora in vari paesi dell’Ameria
Latina, diffondendo il TdO; in Perù partecipa
alla campagna di alfabetizzazione col suo particolare
approccio “coscientizzante”. In questo
periodo d’esilio elabora il Teatro Invisibile,
il Teatro Feuilleton, il Teatro Immagine e il Teatro
Forum.
Dopo il colpo di Stato argentino Boal si rifugia
in Europa (1978) e a Parigi da vita ad un gruppo che
si costituisce in Centre Théâtre de l’Opprimé.
L’impatto con la diversità socio-politica
dell’Europa, rispetto al Sudamerica, lo induca
ad un rielaborazione delle sue tecniche che culmina
nella creazione del “Flic dans la tête”.
Torna
all'indice
|
Scopi
e metodi ovvero "La poetica dell'oppresso" |
|
|
“Per comprendere questa
‘Poetica dell’Oppresso’ bisogna tener
presente il suo principale obiettivo: trasformare il
pubblico ‘spettatore’, oggetto passivo nel
fenomeno teatrale, in soggetto, attore capace di modificare
l’azione drammatica.” (A.
Boal “Teatro degli Oppressi, Milano, 1977) |
Boal parte da una esamina delle differenze
tra le esistenti poetiche teatrali, partendo da quella
aristotelica, in cui lo spettatore delega i compiti
al personaggio in modo che questi agisca e pensi per
lui; in Brecht, invece lo spettatore delega i poteri
al personaggio che rappresenta la sua parte, ma si riserva
la possibilità di pensare per proprio conto,
anche in opposizione con il personaggio. Nel Teatro
Verista infine c’è una rappresentazione
della realtà che il pubblico conosce già. |
Per poter attuare un tipo
di teatro popolare che coinvolga lo spettatore in qualità
di protagonista, Boal espone anche i tipi di reazione
da parte del potere volti a fermarne il fenomeno e distingue:
|
- la censura vera e propria, in
cui viene rifiutato il permesso di andare in scena;
- il divieto, in cui è rifiutato
il permesso di operare in determinati locali o dove
pongono determinati intoppi burocratici;
- la seduzione che si esprime attraverso
vaie forme, da proposte contrarie ed economicamente
vantaggiose fino ad un appropriarsi, da parte del
potere, delle tecniche per svuotarle di significato
e restitiuirle attraverso versioni in cui il significante
ha perduto il suo specifico significato
(es: molti
giovani usano indossare oggi T-shirt con l’immagine
del Che, molti di loro conoscono poco e nulla dell’uomo
ma il fenomeno è diventato di moda e finisce
per rimpinguare le produzioni commerciali del genere
che saranno sempre in appoggio al potere);
- la violenza pura e semplice
dove ti viene negata la libertà di agire
anche attraverso una persecuzione penale e fisica.
|
Per potersi preparare ad
affrontare questo tipo di teatro, inoltre, bisogna rifiutare
alcuni modelli o, meglio, opporre dei “NO”
culturali. |
- Il primo "NO" è rivolto agli
attori “sacri”, preparati dall’inizio
al “sacerdozio” dell’attore “SI”
invece alle tecniche che aiutino la comunicazione
tra gli uomini;
- “NO” ancora all’attore “professionista”,
“SI” invece alla recitazione aperta
a tutti.
- “NO” infine alle ‘maschere
psicologiche, «che impongono ai nostri volti
espressioni feroci o flemmatiche, buone o cattive:
al contrario, dobbiamo ricercare le maschere di
un comportamento che si riferisca ai riti di una
determinata società.
Siamo quel che siamo in quanto apparteniamo
tutti ad una determinata classe sociale, svolgiamo
determinate funzioni sociali e pertanto siamo costretti
a compiere certi riti, tante e tante volte , che alla
fine persino il nostro volto, la nostra maniera di
camminare, la nostra forma di pensare, il nostro modo
di ridere,di piangere, di fare l’amore, finisce
per acquistare un atteggiamento prestabilito: appunto,
una maschera sociale.
(A: Boal “Il Teatro degli Oppressi, Milano,
1977)
La prima preoccupazione di Boal è quindi trasformare
lo spettatore in soggetto che partecipa all’azione
drammatica, e per l’attuazione di questo si
deve passare da un’ottica che predilige il fare
teatro a quella che ci consente di essere teatro.
Un’altra ipotesi di base della poetica dell’Oppresso
è che il corpo pensa, cioè una concezione
dell’essere umano come globalità, nella
sua essenza di mente/corpo/emozione, dove l’apprendimento/cambiamento
vede coinvolti tutti e tre gli aspetti, in stretta
relazione. In questa direzione il TdO si muove tra
teatro vero e proprio, educazione, terapia, intervento
sociale e politica.
Fulcro del lavoro è l’analisi e trasformazione
delle situazioni oppressive, di disagio, conflittuali,
della nostra vita.
CONOSCERE, QUINDI LA NOSTRA REALTÀ PER POTERLA
TRASFORMARE SUPERANDO I CONFLITTI. |
|
|
- Il TdO non dà soluzioni
ma stimola il pubblico a trovarne di proprie. La
convinzione è che il mutamento non può
venire imposto o suggerito dall’esterno, ma
deve trovare all’interno di noi gli strumenti
della propria liberazione.
- Il TdO è un metodo non
concluso, uno strumento che va continuamente verificato.
Tutte le tecniche che fanno il corpo dei giochi-esercizi
sono in evoluzione continua e modificabili da chi
li usa, per adattarli meglio agli scopi. Per es.
le regole di un gioco, sono solo pretesti per cominciarlo,
non limiti fissi.
- Il TdO mette in moto sia processi
di pensiero che emozioni e comportamenti, cercando
di stimolarli sinergicamente. Per questo motivo
assume un ruolo centrale una sorta di “pensiero
per immagini” (paragonabile per certi versi
ai processi analogici della parte destra del cervello,
al freudiano processo primario, agli insight della
Gestalt, ai processi creativi ecc.) Durante lo svolgimento
della seduta, le tecniche impiegate mirano a stimolare
la rottura del pensiero logico-verbale, che opera
in sequenza, linearmente, per attivare un pensiero
per immagini, intuitivo, che coglie relazioni insospettate,
in connessione coi processi emozionali-simbolici
profondi. Il TdO in questo senso è più
paragonabile a un brainstorming che a una pacata
e razionale discussione.
|
|
I
principali strumenti |
Giochi, esercizi, e tecniche
teatrali.
I giochiesercizi sono strumenti che accentuano sia
l’aspetto gioco, cioè l’esplorazione
di più ricche possibilità comunicative
con l’altro (rappresentano il dialogo), sia
l’esercizio, cioè la conoscenza più
profonda del nostro corpo (rappresentano il monologo).
Alla base sta la concezione della dualità
dell’uomo:
- l’unione di apparato fisico e psichico
(cfr. Stanislavskij, ma anche lo psicomotricista
Aucouturier o il terapeuta psico-corporeo A. Lowen).
In questo senso Boal afferma che un movimento è
un pensiero e viceversa; pensiero, emozione e movimento
sono tra loro collegati strettamente;
- l’unione di tutti i sensi tra loro, per
cui l’attivazione di uno comporta la messa
in gioco di tutti gli altri: noi respiriamo, cantiamo
ecc. col corpo intero, non con un solo organo.
|
I giochi-esercizi sono raggruppati
in 5 macro-categorie: |
- Sentire tutto ciò che si tocca e comprende
esercizi e giochi volti a diminuire lo scarto tra
sentire e toccare, che curano il tatto, l’equilibrio,
il senso spaziale, le andature il senso di gravità
ed altro.
Ascoltare tutto ciò che si sente comprende
esperienze che mirano ad esercitare udito, senso
ritmico, respirazione ed altri ritmi interni.
- Messa in gioco di più sensi in questa categoria
si lavora sull’eliminazione della vista come
senso monopolizzatore..
- Osservare tutto ciò che si vede si basa
sull’immaginazione di oggetti non presenti,
azioni e reazioni a distanza, l’individuazione
di maschere e rituali ecc.
La memoria dei sensi ritrova gli esercizi più
propriamente stanislavskijani tramite i quali rivivere
esperienze sensoriali ed emotive passate.
- Il teatro come linguaggio è in continua
trasformazione non un prodotto finito, il teatro
come discorso pone delle forme semplici con le quali
lo spettatore presenta spettacoli. Con la necessità
di mettere in discussione varie tematiche.
Torna
all'indice |
|
Teatro
immagine Teatro forum Teatro invisibile
Il TdO adotta varie tecniche teatrali, ma le principali
sono:
il Teatro Immagine, il Teatro Forum
e il Teatro Invisibile |
Il Teatro Immagine |
lavora sulle immagini corporee reali
ed ideali del gruppo, riferite ad un problema e cerca
i passaggi concreti da una all’altra. Lavorando
in Europa Boal si è reso subito conto che il
tipo d’oppressione non poteva essere lo stesso
che in America Latina, così ha inventato le tecniche
del Flic dans la tête. L’ipotesi di base
è che in Europa l’oppressione è
nascosta, è piuttosto dentro di noi nella nostra
testa, sotto forma di divieti ed inibizioni varie e
paure. Queste tecniche mirano a riconoscere il poliziotto
dentro di noi.
In particolare questo tipo di teatro permette di confrontare
opinioni e concezioni diverse su un dato tema, saltando
l’ambiguità della parola; analizza il passaggio
dal reale all’ideale e prepara ad ulteriori sviluppi
(T. Forum,T. Invisibile ..) |
Il Teatro Forum |
richiede l’intervento
della parola, si passa quindi ad una drammatizzazione,
una volta individuato il tema da sviluppare, che mostri
l’oppressione con tutte le sue dinamiche. Dopo
si chiederà l’intervento del pubblico,
grazie alla figura del jolly che farà da tramite,
che aiuti e dia, attraverso l’interpretazione
del personaggio che subisce l’oppressione, una
chiave di volta per uscirne. |
Il Teatro Invisibile |
viene fatto in modo che
gli spettatori non sappiano di essere tali, coinvolgendoli,
in tematiche maggiormente sentite, ad intervenire nello
spettacolo attraverso provocazioni fatte di rappresentazioni
manifeste del reale occulto.
Se le prime due possono essere attuate in teatri o in
luoghi chiusi deputati, la terza deve essere necessariamente
realizzata nelle strade, piazze, bus, metropolitane,
treni o qualunque altro luogo torni utile. |
inoltre.... |
Il TdO presenta anche
altre tecniche con le quali presentare e discutere varie
tematiche e conflitti e che si possono utilizzare all’interno
della preparazione verso i tre tipi di tecniche prima
esposte, ad esempio:
Il Teatro giornale, Il Teatro feuilleton, il Teatro
mito , Il Teatro processo ed altre |
|
A conclusione mi preme
dire che il TdO è molto più semplice
farlo che parlarne. Nessun contadino peruviano o argentino,
con cui Boal ha lavorato, è in grado di teorizzarne
i contenuti, però è in grado di farlo.
La modalità è semplice: vuoi conoscerti
meglio e tirare fuori le tue paure? Comincia a capire
che le tue sono quella anche degli altri e insieme
si può trovare una nuova possibilità
di essere, manifestando (drammatizzandole) le proprie.
Ognuno di noi è in grado di recitare se stesso,
se non erro la facciamo tutti i giorni.
Il Teatro dell’Oppresso è un metodo
teatrale creato negli anni ’60 da Augusto Boal,
direttore e regista del Teatro Arena di San Paolo
di Brasile. Sviluppatosi in America latina si è
poi diffuso in Europa e nel mondo. Il metodo usa il
teatro come linguaggio, come mezzo di conoscenza e
trasformazione della realtà interiore, relazionale
e sociale. |
“Per
comprendere la ‘Poetica dell’Oppresso’
bisogna tener presente il suo principale obiettivo:
trasformare il pubblico ‘spettatore’, oggetto
passivo nel fenomeno teatrale, in soggetto, attore capace
di modificare l’azione drammatica.”
(A. Boal “Teatro degli Oppressi, Milano, 1977).
|
La prima preoccupazione
di Boal è quindi trasformare lo spettatore in
soggetto che partecipa all’azione drammatica,
e per l’attuazione di questo si deve passare da
un’ottica che predilige il fare teatro a quella
che ci consente di essere teatro.
Un’altra ipotesi di base della poetica dell’Oppresso
è che il corpo pensa, cioè una concezione
dell’essere umano come globalità, nella
sua essenza di mente/corpo/emozione, dove l’apprendimento/cambiamento
vede coinvolti tutti e tre gli aspetti, in stretta relazione.
In questa direzione il TdO si muove tra teatro vero
e proprio, educazione, terapia, intervento sociale e
politica. Fulcro del lavoro è l’analisi
e trasformazione delle situazioni oppressive, di disagio,
conflittuali, della nostra vita.
CONOSCERE, QUINDI LA NOSTRA REALTÀ PER POTERLA
TRASFORMARE SUPERANDO I CONFLITTI. |
Il TdO adotta varie tecniche
teatrali, ma le principali sono: il Teatro Immagine,
Il Teatro Forum e il Teatro Invisibile.
Il Teatro Immagine lavora sulle immagini corporee reali
ed ideali del gruppo, riferite ad un problema e cerca
i passaggi concreti da una all’altra. Lavorando
in Europa Boal si è reso subito conto che il
tipo d’oppressione non poteva essere lo stesso
che in America Latina, così ha inventato le tecniche
del Flic dans la tête. L’ipotesi di base
è che in Europa l’oppressione è
nascosta, è piuttosto dentro di noi nella nostra
testa, sotto forma di divieti ed inibizioni varie e
paure. Queste tecniche mirano a riconoscere il poliziotto
dentro di noi. |
Torna
all'indice |
|
|